- On 17 Febbraio 2023
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“Andar per buchette”, un modo originale per scoprire Firenze.
Le buchette del vino.
Una particolarità tutta fiorentina (e presente anche in altre località della Toscana) sono le piccole aperture che si trovano nelle facciate di molti palazzi fiorentini, dalle quali per secoli si è venduto il vino in fiaschi. Vi erano servitori addetti alla cantina del palazzo a praticare la vendita diretta in orari stabiliti, queste buchette infatti sono alte e larghe quanto un fiasco di vino.
A Firenze si è da sempre preferito il vino all’acqua, vuoi perché le soventi alluvioni contaminavo spesso i pozzi; vuoi perché i coloranti usati per tingere i tessuti di lana e seta qui prodotti, che fecero la fortuna della città, contaminavano il fiume; i fiorentini divennero robusti bevitori. Fin dal Medioevo, al tempo di Dante, è documentato di come il Comune s’arricchiva con le tasse sul vino, questa gabella, applicata al prodotto che entrava in città, era una tra le maggiori entrate e rimase tale per tutto il rinascimento, tanto che si coniò una moneta d’argento: il “barile” , del valore pari alla tassa dell’imposta su un barile di vino.
Pensate che il vino lo bevevano proprio tutti: signori e contadini, commercianti e agricoltori, frati e monache, e anche gli ammalati, seppur con moderazione, ne facevano uso e persino le puerpere, in quanto a questa bevanda erano attribuite proprietà terapeutiche e medicamentose e si pensava persino che fosse un alimento ricostituente, e in effetti ancor oggi si dice, erroneamente, che “il vino fa buon sangue””.
Fin dal Medioevo (1288) i vinattieri, i produttori ed i commercianti, si erano costituiti nella propria corporazione: L’Arte dei Vinattieri alla quale poteva iscriversi chiunque, anche colui che semplicemente vendesse vino. Lo statuto dell’Arte controllava ogni fase dell’attività commerciale, regolamentava gli orari di apertura delle osterie ed il prezzo al quale il vino doveva venir venduto, stabiliva anche una distanza minima da chiese, tabernacoli e conventi. Nessuno, eccetto i Vinattieri, poteva comprare o vendere vino per rivenderlo tantomeno al minuto, al di fuori dei produttori agricoli che potevano acquistare il vino dai loro lavoratori agricoli, se prodotto con uva raccolta nelle loro proprietà. I possidenti di vigneti potevano anche rivenderlo in fiaschi , ma solo se il commercio avveniva dalla loro privata abitazione! Ed eccoci: il vino che veniva venduto dalla propria casa non era soggetto all’esosa gabella che gravava su tutte le merci che entravano in città!
Pensate che durante il difficile periodo di chiusure imposto nel primo lock-down alcune buchette del vino, da tempo dimenticate, avevano riaperto nel maggio del 2020. Ad esempio riaprì il Bistrot Babae in via S. Spirito, che già nell’estate del 2019 serviva calici di vino tutti le sere dalle 19 alle 20. Anche la gelateria Vivoli in via Isola delle Stinche, seguita dall’Osteria delle Brache in Piazza Peruzzi, o il ristorante Il Latini in via dei Palchetti, l’Osteria delle Donne in via de’ Macci , La Chintina in via De’ Pucci avevano iniziato nuovamente ad usare le “buchette”!
Notizie apprese dal libro: “Le buchette del vino” di Diletta Corsini e Lucrezia Giordano. Edizioni BDV